La Scuola violinistica italiana dopo Corelli
una produzione de L’Amoroso
I Concerti grossi, op. VI di Arcangelo Corelli pubblicati postumi nel 1714 sono tra gli esempi più antichi di questa forma e adottano il principio del contrasto soli-tutti dove la sostanza musicale era divisa in egual misura tra “concertino” (due violini e violoncello soli) e il “ripieno” (due violini, viola, continuo orchestrali). A Roma il Bolognese aveva formato un complesso che prestava servizio nelle chiese e nelle case private delle grandi famiglie nobili. All’interno della sua orchestra Corelli formò moltissimi allievi, tra i più illustri dei quali furono Francesco Geminiani, che diffuse in Inghilterra i lavori del suo maestro; Giuseppe Valentini, che nella Chiesa di San Luigi dei Francesi dove succedette a Corelli come direttore del concertino; Gasparo Giuseppe Visconti, cremonese attivo a Londra e a Venezia.
Anche Giuseppe Tartini subì il fascino delle composizioni del grande Corelli: le cinquanta variazioni per violino e basso continuo de L’arte dell’arco, GT 2.F11 (1730-1739) sono, infatti, basate «Sopra alla più bella Gavotta del Corelli», op. V, n. 10. (Giovanni Tribuzio)
Orchestra barocca Orfeo Futuro
Violino di concerto e direttore, Enrico Gatti
Violini primi, Enrico Gatti, Giovanni Rota, Cristiano Brunella, Ivana Zaurino
Violini secondi, Luca Alfonso Rizzello, Simona Pentassuglia, Giuseppe Corrente, Antonella Curcio
Viole, Valerio Latartara, Teresa Laera
Violoncelli, Gaetano Simone, Fausto Castiglione
Violone, Gisela Massa
Clavicembalo, Michele Visaggi
Organo, Glberto Scordari
Tiorbe, Giuseppe Petrella e Paola Ventrella
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