L’ammalato immaginario (matinée per le scuole)

Intermezzo per musica di Leonardo Vinci (1690-1730)
in collaborazione con
Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto nel IV Centenario della nascita di Molière

 

Grazie alle cure editoriali di Gaetano Pitarresi e all’opera di riscoperta promossa dal Centro Studi Pergolesi dell’Università di Milano, l’intermezzo in tre parti di Leonardo Vinci, L’ammalato immaginario, è approdato sulle scene per la prima volta in tempi moderni, proposto dal Teatro Lirico Sperimentale “A. Belli” di Spoleto dapprima quale titolo unico di serata, poi – in circuito regionale – accoppiato al più noto tra gli intermezzi di contesto napoletano, La serva padrona di Pergolesi. Vinci, nato in Calabria, morto a Napoli – dove ha studiato ed è stato attivo – all’età di 40 anni, ha goduto di una certa attenzione dal mondo musicale, con la riproposta della sua ‘commedeja pe’ mmusica’ più fortunata, Li zite ‘ngalera. Il suo catalogo è però ricco pure di lavori in lingua, e l’intermezzo in questione figurava entro gli atti dell’Ernelinda, un suo dramma per musica del 1726 andato in scena al Teatro San Bartolomeo: atipico che le parti/scene di L’ammalato immaginario siano tre anziché due, e sorprendente che dopo le prime due, canoniche nello svolgimento diegetico (una giovane e an­gustiata vedova convince – anche travestendosi da medico – un attempato ma danaroso ipocondriaco a curare i suoi malanni sposandosi, con finale giubilo bipartisan), i due si ritrovino di punto in bianco ai ferri corti matri­moniali, tanto da accettare una separazione di fatto che restituisce a Don Chilone la pace e conserva a Erighetta libertà e sicurezza economica. La trama dell’intermezzo – libretto non firmato – rivisita e ricombina elementi sì presenti nella celebre pièce di Molière (nel frattempo circolata in Italia), i quali tuttavia sono leggibili pure come topoi del repertorio comico: la vedovella in cerca di marito, l’anziano da convincere, il latino maccheronico del falso dottore. Perciò, regista (Andrea Stanisci) e direttore (Pierfrancesco Borrelli) hanno scelto di rappresentare mimicamente l’anello drammatico mancante – il contrasto tra i due – attraverso due arie coturnate dell’opera seria cornice, e un brano strumentale attinto, come il brano d’apertura, al catalogo di Michele Mascitti. (Alessandro Mastropietro)

 

Erighetta Chiara Boccabella (Bari), Giorgia Teodoro (Trani)
Don Chilone Matteo Lorenzo Pietrapiana
Serva Diletta Masetti

Regia Andrea Stanisci

Luci Eva Bruno
Costumi Clelia de Angelis

Ensemble Orfeo Futuro
direttore Pierfrancesco Borrelli

Giovanni Rota, violino

Giuseppe Corrente, violino
Valerio Latartara, viola

Gaetano Simone, violoncello
Gisela Massa, violone

Giuseppe Petrella, tiorba
Davor Krklijus, maestro al cembalo


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